Con questo primo contributo, prende avvio la rubrica sul mercato del lavoro migrante in collaborazione con la Camera del Lavoro Metropolitana di Milano.
Se volete inviarci richieste di approfondimento scrivete a info@retemigrazionilavoro.it
Focus Cgil Milano a cura di Antonio Verona
http://www.cgil.milano.it/dipartimento/mercato-del-lavoro/
INTEGRARE LAVORANDO
Se Milano riesce e confermare il proprio dinamismo economico e produttivo assicurando, al tempo stesso, la vocazione all’accoglienza, vorrà ben dire qualcosa. E’ diventato un giocoso luogo comune chiedersi da quante generazioni si può definire “milanese” la maggior parte dei cittadini residenti, per poi concludere che, a parte qualche migliaio di “nativi storici milanesi”, il resto, ed è la maggioranza, proviene da altre aree, altre zone, anche molto distanti dal capoluogo lombardo. Fino alla fine degli anni ’70 si arrivava per lo più dal sud Italia, prima di allora si giungeva dalle vicine aree rurali, più recentemente dai diversi Paesi del mondo, tutti accomunati dalla consapevolezza che se Milano ha saputo realizzare esiti importanti nello sviluppo di questa parte del Paese, il merito sta nella sua capacità di “integrare lavorando” che è parte, ormai, del patrimonio genetico di questa terra. Per questa ragione il 12% della popolazione straniera presente sul territorio nazionale risiede a Milano, arrivando a 450.109 cittadini non comunitari residenti presso la città metropolitana al 1 gennaio 2018.
Il tasso di occupazione dei lavoratori migranti non comunitari non si discosta significativamente da quello complessivo che, a sua volta presenta differenze rilevanti con il resto d’Italia.
Dati ISTAT | % occupazione | % disoccupazione | ||
Complessivo | Non comunitari | Complessivo | Non comunitari | |
Italia | 57,2 | 56,9 | 11,7 | 16,7 |
Milano | 68,4 | 67,8 | 7,5 | 11,9 |
Questo testimonia che a Milano gli stranieri vengono per lavorare e anche il tasso di disoccupazione, più elevato rispetto al resto dell’area, conferma questa stessa dinamica: sebbene l’11,9% sia più importante del tasso di disoccupazione generale, non va dimenticato che “disoccupato” non è chi non lavora ma chi cerca attivamente un’occupazione. Sarà per questo che il 48,9% delle richieste di permesso di soggiorno presentate a Milano sono motivate dalla volontà di lavorare e gli esiti, suddivisi per nazionalità, di chi lavora nella città metropolitana di Milano, sono i seguenti:
Come si può notare, la comunità egiziana è di gran lunga la più numerosa, con una presenza milanese che costituisce la metà degli egiziani regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale. La distinzione dei lavoratori non migranti tra le diverse tipologie professionali, presenta una condizione interessante, sulla quale sarà bene tornare in seguito; per ora ci si limita a segnalare che, rispetto al resto del Paese, Milano rileva la presenza più massiccia dei lavoratori stranieri alle due estremità, cioè il lavoro manuale non qualificato e il dirigente, ovvero professioni intellettuali e tecniche.
Una segmentazione che conferma una condizione diffusa, non solo tra i lavoratori migranti non comunitari, e che racconta di un esito della crisi che tende a polarizzare le condizioni di lavoro poste alle estremità della suddivisione qualitativa.
Un discorso a parte, sebbene ugualmente meritevole di segnalazione, arriva dall’imprenditorialità generata dai migranti, titolari di 30.375 imprese individuali: il 23,8% del volume complessivo delle imprese di questa tipologia operanti nell’area metropolitana di Milano, così distribuiti:
Non sorprende che la presenza più significativa appartenga al commercio (34%) e alle costruzioni (26%), non meno importante è il turismo, a motivo delle competenze linguistiche, con il suo 13% e la stessa manifattura, che rileva, oltretutto, una presenza significativa delle start up innovative, meglio espressa nel dato qui sotto descritto.
Presenza giovanile, femminile e straniera sul totale delle
start up (dati 31.12.2017 da Camera di Commercio Milano, Monza-Brianza,Lodi) |
|||
Milano | Lombardia | Italia | |
presenza giovanile delle start up | 263 | 392 | 1.693 |
% sul totale start up | 20,5 | 21,2 | 20,9 |
Presenza femminile delle start up | 149 | 211 | 1.060 |
% sul totale start up | 11,6 | 11,4 | 13,1 |
Presenza di stranieri nelle start up | 51 | 64 | 229 |
% sul totale start up | 4 | 3,5 | 2,8 |
Stiamo parlando delle start up innovative, cioè di imprese, solo società di capitali, in possesso dei seguenti requisiti: essere costituite da meno di 60 mesi; fatturato non superiore a 5 milioni di €; non possono distribuire utili; non devono essere nate da fusioni, scissione societaria o cessione d’azienda o di ramo d’azienda; l’oggetto sociale deve riguardare lo sviluppo, la produzione, la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.
E’ inoltre necessario che sia rispettata almeno una delle seguenti condizioni: le spese di ricerca e sviluppo devono ammontare ad almeno il 15% del maggior valore tra costi e valore totale della produzione; il numero complessivo di dipendenti e/o collaboratori in possesso del dottorato di ricerca o che abbia svolto da almeno tre anni attività di ricerca, deve ammontare ad almeno 1/3 della forza lavoro, in alternativa, 2/3 del personale dipendente deve essere in possesso di laurea magistrale.
Questa tipologia di imprese, vede Milano primeggiare nel panorama nazionale con una presenza pari a quasi il 16% sul totale.
Nonostante il 4% possa apparire poco significativo, serve ricordare il ruolo esercitato da Milano nel sostenere questo tipo di impresa con una presenza pari al 16% del volume nazionale; ne consegue che le start up innovative attivate da stranieri provengono, quasi esclusivamente, dalla città metropolitana di Milano, smentendo lo stereotipo che vede lo straniero impegnato in attività poco qualificanti e marginali.
Tutto questo porta a concludere quanto il valore del lavoro realizzato dai migranti, possa contare su alcuni elementi di vantaggio che, nel tempo, avranno un peso crescente nella dinamica del mercato del lavoro, soprattutto a Milano.
Il primo elemento sta nella scolarità, che presenta livelli importanti, sia negli istituti superiori, che nelle università.
Basta andare all’uscita di scuola o nei pressi delle università per verificare, anche visivamente, il mutamento della popolazione studentesca; il fatto che le famiglie dei migranti, dopo aver consolidato la propria occupazione, riconoscano nella scuola lo strumento fondamentale per il riscatto dei propri figli, rileva peso crescente nel lavoro futuro e nell’organizzazione sociale.
Il secondo elemento sta nelle caratteristiche del sistema produttivo, sempre più orientato all’export, là dove esportare significa conoscere, non solo la lingua, ma anche i costumi, gli usi, la cultura del paese nel quale si vogliono presentare i prodotti.
In questo, la necessità di poter contare sulle competenze e sulle conoscenze dei migranti, sarà un’esigenza che accompagnerà la crescita del lavoro e dell’economia.
Infine, la predisposizione alla flessibilità, non solo rispetto ai tempi, ma anche e soprattutto rispetto ai luoghi.
Tutto questo contribuisce a disegnare uno scenario fortemente connotato da elementi plurali, nelle culture, nella lingua, negli usi e nei costumi.
Favorire questo mutamento non è solo uno strumento di integrazione, ma tende a costruire un modello sociale capace di coniugare crescita, benessere, coesione.
In altre parole: progresso.
*Antonio Verona è responsabile dipartimento Mercato del lavoro – Formazione e Ricerca di Cgil Milano